Decreto Rilancio: sconto in fattura per il rilascio del visto di conformità

Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione, anche l’eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per “l’attualizzazione del credito ricevuto”. (Agenzia delle entrate – risposta 04 maggio 2022, n. 243)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, il professionista, chiamato ad apporre il visto di conformità ai fini dell’esercizio delle opzioni relative alle detrazioni spettanti per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica o restauro della facciata degli edifici, rappresenta che in tale occasione i clienti, sia persone fisiche che condomìni, potrebbero richiedere l’applicazione dello “sconto in fattura” (art. 121, decreto legge n. 34/2020) anche con riferimento al compenso per l’apposizione del predetto visto di conformità.
L’ Istante rappresenta che la valutazione dell’applicazione dello sconto in fattura tiene conto anche del fatto che il relativo recupero fiscale avverrà in un arco temporale di alcuni anni, salvo la possibilità di cedere ulteriormente il credito così maturato a terzi, sostenendo ovviamente, nel caso di detrazioni spettanti nella misura del 65 per cento o del 50 cento, un aggravio finanziario pari all’attualizzazione del credito da parte dell’acquirente dello stesso.
Per tale motivo sta considerando, per i futuri incarichi, la possibilità di pattuire con il cliente il riconoscimento di tale onere finanziario e chiede quale sia la corretta procedura da seguire di tale riaddebito di oneri al cliente ai fini della corretta fatturazione e ai fini della determinazione del reddito professionale.
Con riferimento al quesito in esame, il Fisco ritiene che rientri tra i compensi connessi alla prestazione professionale, e come tale assoggettato a tassazione come reddito di lavoro autonomo, anche l’eventuale corrispettivo pattuito con il cliente per “l’attualizzazione del credito ricevuto”.
Ai fini IVA, anche tale corrispettivo concorrerà, quindi, a formare la base imponibile e, come tale, assoggettato ad imposta con aliquota ordinaria. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto e non implica un giudizio in merito alla conformità degli interventi che verranno realizzati in base alle normative urbanistiche, nonché alla qualificazione e quantificazione delle spese sostenute, su cui rimane fermo ogni potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.

Giornalisti: passaggio all’Inps della funzione previdenziale dal 1° luglio

Il servizio “Prestazioni pensionistiche – Domande” è stato implementato, al fine di consentire ai soggetti interessati e ai Patronati l’invio delle domande di prestazione pensionistica che, avendo decorrenza pari o successiva al 1° luglio 2022, saranno liquidate dall’Istituto.

Dal 1° luglio 2022, la funzione previdenziale svolta dall’INPGI, in regime sostitutivo delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, è trasferita, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’INPS.
Pertanto, da tale data, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, i pubblicisti e i praticanti iscritti all’Albo negli appositi elenchi e registri, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché, con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti alla data del 30 giugno 2022 presso la gestione sostitutiva dell’INPGI.
Le domande di prestazione possono essere presentate attraverso i seguenti canali:
– direttamente dal sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) almeno di livello 2, Carta Nazionale dei Servizi o Carta di identità elettronica 3.0 e seguendo il percorso: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Prestazioni pensionistiche – Domande”;
– utilizzando i servizi telematici offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge;
– chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164.
Dopo la scelta della domanda di interesse (pensione, ricostituzione, certificazione, ecc.), è necessario selezionare la gestione “Lavoratori Dipendenti” tramite l’apposito menu a tendina e, di seguito, il fondo “INPGI” (Messaggio Inps 4 maggio 2022, n. 1886).

Licenziamento collettivo: ipotesi di unicità del complesso aziendale

4 mag 2022 Ai fini dell’applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in caso di codatorialità, presupponente l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale e la condivisione della prestazione di questi da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali (Cassazione, ordinanza 27 aprile 2022, n. 13207).

La Corte d’Appello territoriale confermava la decisione del Tribunale con cui veniva accertata la sussistenza di un unico complesso aziendale fra le due società convenute in giudizio e dichiarava l’illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice all’esito di una procedura di licenziamento collettivo attivata dalla società, formale datrice di lavoro.
La stessa, in particolare, faceva propria la valutazione operata in primo grado circa la configurabilità di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro tra le due società, con la conseguenza che la verifica degli esuberi in relazione alla procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro dovesse essere operata alla luce della complessiva platea e quindi anche dei lavoratori in forze all’altra società.
Avverso la sentenza di appello le predette società hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando che la sentenza impugnata avesse ritenuto sussistente un unico centro d’imputazione di interessi tra le stesse, senza esaminare la posizione del singolo lavoratore in rapporto al suo inserimento nella complessiva struttura aziendale e senza accertare concretamente l’uso promiscuo della sua prestazione.

Respingendo il ricorso proposto, la Suprema Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici di merito nel senso della sussistenza di elementi di collegamento fra le società che consentivano di ravvisare una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva ai fini di causa.
La Corte ha, a tal proposito, richiamato il consolidato principio secondo cui, anche ai fini dell’applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo, un’impresa può essere concepita come unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in condizione di codatorialità, ossia in ipotesi di inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale nonché la condivisione della prestazione dello stesso, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali.
Tanto premesso, i giudici di legittimità hanno evidenziato che l’accertamento, alla base della decisione impugnata, relativo alla compenetrazione tra le strutture aziendali formalmente facenti capo a distinte società, determina la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario, assorbe il requisito dell’uso promiscuo dell’attività dei lavoratori da parte delle due società e consente di superare, nel caso in esame, il dato rappresentato dal titolo giuridico in base al quale i dipendenti della società formale datrice di lavoro venivano utilizzati dalla società collegata; l’accertamento della sostanziale unitarietà della struttura imprenditoriale esclude, inoltre, rende irrilevante la verifica circa la concreta, effettiva, utilizzazione da parte di entrambe le società delle prestazioni rese dal singolo lavoratore, la cui attività è da ritenersi, in ogni caso, prestata nell’interesse indifferenziato delle due società, distinte solo formalmente.
In ragione della sussistenza in concreto di un unico soggetto datoriale, pertanto, nel caso di specie, la procedura collettiva attivata dalla formale datrice di lavoro avrebbe dovuto coinvolgere, diversamente da quanto avvenuto, non solo i lavoratori della stessa bensì tutti i lavoratori dell’unico complesso aziendale risultante dalla integrazione delle due società.

CFP Ristorazione collettiva: pronte le modalità di richiesta

L’Agenzia delle Entrate ha approvato il modulo per la richiesta del contributo a fondo perduto di cui all’art. 43-bis, D.L. n. 73/2021, conv. con modif. in L. n. 106/2021, per gli operatori della ristorazione collettiva. Le domande possono essere presentate dal 06 al 20 giugno 2022 (Agenzia Entrate – provvedimento 03 maggio 2022, n. 151077).

L’istanza per il riconoscimento del contributo contiene le seguenti informazioni:
– il codice fiscale del soggetto, persona fisica o persona non fisica, che richiede il contributo;
– nel caso in cui il soggetto richiedente sia un erede che prosegue l’attività di un soggetto deceduto, il codice fiscale del de cuius;
– nel caso in cui il soggetto richiedente abbia posto in essere operazioni aziendali di trasformazione, la partita IVA del soggetto cessato;
– il codice fiscale del legale rappresentante del soggetto che richiede il contributo, nei casi in cui quest’ultimo sia diverso dalla persona fisica, ovvero, nel caso in cui il soggetto richiedente sia minore o interdetto, il codice fiscale del rappresentante legale;
– la dichiarazione di non essere destinataria di sanzioni interdittive e di non trovarsi in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative;
– l’attestazione di svolgere servizi di ristorazione collettiva, mediante codice ateco 56.29.10 “Mense” o 56.29.20 “Catering continuativo su base contrattuale”;
– la dichiarazione che i ricavi del 2019 siano stati generati per almeno il 50% da corrispettivi derivanti da contratti di ristorazione collettiva;
– l’attestazione di essere un soggetto iscritto nel Registro delle imprese e attivo alla data di presentazione dell’istanza;
– l’attestazione di aver subito una riduzione dei ricavi dell’anno 2020 di almeno il 15% rispetto a quelli del 2019;
– l’attestazione di avere esercizi fiscali non coincidenti con l’anno solare;
– l’attestazione di essere un soggetto costituitosi nel corso del 2019;
– la dichiarazione di essere in possesso dei requisiti richiesti;
– l’indicazione del numero dei dipendenti con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato, come risultanti dall’ultima dichiarazione retributiva e contributiva dell’impresa alla data del 31 dicembre 2019;
– l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente il contributo;
– il codice fiscale dell’eventuale soggetto incaricato della trasmissione telematica dell’istanza e l’eventuale dichiarazione sostitutiva, resa da quest’ultimo, relativa al conferimento di una specifica delega, da parte del richiedente, per l’invio dell’istanza stessa;
– la data di sottoscrizione e la firma dell’istanza;
– le dichiarazioni in relazione al non superamento dei limiti degli aiuti di Stato rispetto a quelli ricevuti fino al momento della presentazione dell’istanza.

Modalità e termini di trasmissione dell’istanza

L’istanza è predisposta in modalità elettronica mediante procedure rese disponibili gratuitamente dall’Agenzia delle entrate e la trasmissione dell’istanza è effettuata mediante i canali telematici della stessa Agenzia ovvero mediante il servizio web disponibile nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
L’istanza può essere trasmessa direttamente dal richiedente o tramite un intermediario con delega di consultazione del Cassetto fiscale del richiedente, ovvero al servizio “Consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici” del portale “Fatture e Corrispettivi”.
La trasmissione dell’istanza può essere effettuata a partire dal giorno 6 giugno 2022 e non oltre il giorno 20 giugno 2022; nel medesimo periodo è possibile, in caso di errore, presentare una nuova istanza, in sostituzione dell’Istanza precedentemente trasmessa.
È possibile, inoltre, presentare, sempre nel periodo 6-20 giugno 2022 una rinuncia all’istanza precedentemente trasmessa, da intendersi come rinuncia totale al contributo.
A seguito della presentazione dell’istanza è rilasciata una prima ricevuta, disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle entrate “Servizi – Consultazioni e ricerca – Ricerca ricevute, che ne attesta la presa in carico, ai fini della successiva elaborazione, ovvero lo scarto a seguito dei controlli formali dei dati in essa contenuti.

Calcolo ed erogazione del contributo

Successivamente al termine di presentazione delle domande, l’Agenzia delle entrate effettua ulteriori controlli sulle informazioni contenute nelle istanze per le quali è stata messa a disposizione la ricevuta di presa in carico con le informazioni presenti in Anagrafe Tributaria.
L’Agenzia delle entrate, procede prioritariamente a ripartire, in egual misura per ciascun soggetto che ha validamente presentato istanza per il contributo, le risorse finanziarie previste, con un limite massimo di 10.000 euro per ciascun soggetto beneficiario.
L’ammontare del contributo riconosciuto a ciascuna impresa è pari al minore tra l’importo determinato a seguito della ripartizione e l’importo residuo di aiuti ancora fruibili.
L’erogazione del contributo, al netto dell’eventuale importo da restituire, è effettuata mediante accredito sul conto corrente identificato dall’IBAN indicato nell’istanza, intestato al codice fiscale del soggetto, persona fisica ovvero persona diversa dalla persona fisica, che ha richiesto il contributo.
L’Agenzia comunica, al soggetto richiedente ovvero al suo intermediario delegato, nell’apposita area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi” – sezione “Contributo a fondo perduto – Consultazione esito”, l’importo del contributo riconosciuto e l’avvenuto mandato di pagamento del contributo o lo scarto dell’Istanza e i motivi che lo hanno determinato.
Qualora dai controlli effettuati dall’Agenzia emerga che il contributo è in tutto o in parte non spettante, anche a seguito dei successivi riscontri di regolarità antimafia, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero della parte del contributo non spettante, irrogando le sanzioni e gli interessi dovuti.

IVA: acquisto di immobile accatastato ad uso di civile abitazione

La Suprema Corte si pronucia, ai fini Iva, sull’acquisto di immobile accatastato ad uso di civile abitazione con effettivo utilizzo come studio legale (CORTE DI CASSAZIONE – Sez. VI civ. – Ordinanza 28 aprile 2022, n. 13259)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, per l’anno d’imposta 2014, recuperava a tassazione l’IVA pagata per l’acquisto di una quota di una un’unità immobiliare di civile abitazione che l’amministrazione finanziaria sosteneva essere stata indebitamente detratta in violazione dell’art. 19 bis, comma 1, lett. i) del d.P.R. n. 633 del 1972, ed infliggeva le sanzioni anche relative al mancato perfezionamento del ravvedimento operoso posto in essere dal contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, per quanto ancora qui di interesse, che l’immobile acquistato in comproprietà dal contribuente, ancorché di fatto utilizzato come ufficio (studio legale) e, quindi, in categoria A/10, era però iscritto in catasto con categoria A/2 (civile abitazione) sicché l’IVA era indetraibile per espressa previsione della citata disposizione.
Avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo sostenendo che il dato formale dell’accatastamento in categoria A/2 (civile abitazione) dell’immobile acquistato e che la stessa amministrazione finanziaria non contestava essere adibito esclusivamente a studio professionale, ricompreso come tale in categoria A/10, non preclude la detraibilità dell’IVA sull’acquisto trattandosi di bene strumentale alla predetta attività.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.